Premessa
Questo documento di approfondimento è rivolto a ogni facilitatore che abbia letto e
provato ad applicare il manuale e che abbia visionato il dvd didattico, almeno la parte
introduttiva della drammatizzazione. Rimandiamo al manuale l’elenco dei passaggi
specifici. Immaginiamo, con questo documento, di essere arrivati al punto in cui
restano in scena i soli personaggi designati, con il drappo indossato. Di seguito alcune
possibili strategie da proporre:
- In sede di progettazione, se il facilitatore desidera far conoscere l’ambiente, la
cultura di quei personaggi messi in scena; oppure se vuole che ci sia una sorte
di “punto di osservazione più neutro” (o anche più antico) rispetto alla
percezione dei personaggi, può decidere di proporre l’uso dell’inversione con
gli oggetti della scena. Per esempio se la scena avviene in un banchetto può
dire ai partecipanti che sarà possibile anche scegliere di fare inversione con il
tavolo.
- Chiedere ai personaggi di iniziare a muoversi in quello spazio liberamente,
senza parlare, sentendo le emozioni legate a quel determinato evento e alle
proprie specifiche caratteristiche di personaggio. Provando magari a
pensare a qualche aggettivo per autodefinirsi come tale.
Volendo, per rafforzare ulteriormente l’immedesimazione nel personaggio è
possibile richiedere:
“Ora incarnate le vostre caratteristiche di personaggio, nel passo e nella
postura. Ora esagerate persino il tipico passo e postura del vostro personaggio
e dite mi sento ...”
- A questo punto può partire l’azione scenica vera e propria, ma da quale
personaggio far partire l’azione? Chi è “il motore”? Chi ha più cose da dire.
Magari colte nei personaggi, dal facilitatore, nella fase precedente (del “sono ...
e mi sento ...”) o considerando lo svolgimento dello stesso brano.
Il personaggio che per primo si esprime è importante poiché innescherà le
successive interazioni con gli altri. Tendenzialmente è opportuno far evidenziare
il o i conflitti (o i bisogni o le diversità) in campo. La conflittualità tra le parti
o tra i personaggi, suscita dinamismo scenico. Il facilitatore si rivolge a chi
più crede li incarni, intervistandolo e già chiedendo che il personaggio
interpellato risponda indirettamente, allo stimolo del facilitatore, rivolgendosi a
qualche altro personaggio a sua scelta. Altre volte Il facilitatore può anche
chiedere di rivolgersi a qualche personaggio specifico (in questo caso scelto dal
facilitatore) rispetto al quale far emergere un determinato passaggio o
specifiche caratteristiche.
Talvolta si sceglie di partire dai personaggi secondari che possono contribuire a
definire il contesto (es. un servo di quella casa padronale) e poi si va a quelli
centrali.
L’importante è aver scelto una sequenza - strategica. Non per dire ciò che ha in
testa il facilitatore ma solo per creare uno scambio dinamico, su più aspetti.
- Ricordiamo che il facilitatore è bene che ci sia il meno possibile in scena;
non è un attore. Dovrà cercare di defilarsi velocemente innescando, il prima
possibile, un dibattito, una libera interazione tra i personaggi. Al riguardo
ricordiamo l’importanza, per il facilitatore, di muoversi con leggerezza e
discrezione, “togliendosi dal centro d’attenzione” e tendenzialmente stando a
3⁄4° , quasi dietro rispetto al personaggio eventualmente intervistato.
- I tempi della scena. Per prima cosa, in sede di progettazione, occorre
considerare se rimarcare i diversi momenti (eventuali tempi e spazi differenti) di
svolgimento della scena sia opportuno; se differenziare i momenti possa
permettere di far emergere aspetti importanti del messaggio, i momenti di
svolta del testo e con essi le preziose e diverse occasioni di rispecchiamento
personali. Nel caso sia opportuno, divideremo per esempio l’azione scenica tra
un prima ed un dopo. Questo, talvolta, può rendere opportuno un “cambio di
scena” introducendo nuovi elementi scenici e / o togliendone alcuni, introdotti
nel primo momento (potrebbero anche essere simbolici).
- Altre volte, nello “srotolamento” della scena, può esserci anche un’ azione
decisiva, centrale da mettere in luce “agendola”. Per esempio la guarigione di
un personaggio. Lo specifico atto salvifico, può essere uno, probabilmente il più
centrale, tra i diversi momenti della scena.
Spesso il facilitatore, rivolgendosi al personaggio che è in procinto di “agire”
una determinata azione significativa (per esempio la donna davanti alla casa di
Simone il fariseo), dopo averlo intervistato, per far emergere i suoi sentimenti e
pensieri, gli chiederà: “facci vedere come fai...”. Questa frase faciliterà la
partenza dell’azione. Il personaggio si sentirà autorizzato e capirà quale è il
momento per agire quell’azione, significativa, prevista dal brano biblico.
Circa i tempi va considerato che il ritmo deve essere piuttosto veloce ed il
tempo complessivo di massimo 20 minuti se la scena è “bella dinamica”.
- Talvolta nessuno ha scelto qualche personaggio importante. In questo caso
si può chiedere ai partecipanti che guardano da fuori la scena, se c’è qualcuno
che è disposto ad entrare in essa per fare quel determinato personaggio,
rendendo un servizio importante al gruppo. Altra possibilità è quella che i
personaggi si rivolgano al semplice telo colorato che rappresenta il personaggio
mancante. Se il facilitatore ritiene utile dare un messaggio da parte del
“mancante”, lo può fare ponendosi dietro al telo e facendo un doppio.
Tale modalità può essere utilizzata anche per dare un ulteriore stimolo ai
personaggi, innescando nuove azioni. Esempio: fare il doppio a Gesù, facendolo
dire dalla croce: “donna, ecco tuo figlio”.
- I pensieri e sentimenti inespressi di un personaggio, ma utili a far emergere il
significato della scena, possono essere condivisi con il gruppo nel momento in
cui il facilitatore “stoppa” la scena, si avvicina a tale personaggio e lo invita ad
esprimere un soliloquio a seguito di una determinata azione. In questo,
come in altri casi, è facilitante l’utilizzo di una frase invito. Ad esempio:
“avendo fatto (o detto) questo mi sento..., provo...”.
- Le frasi invito sono ottime, strategicamente, per stimolare anche il
proseguimento dell’azione scenica verso direzioni significative. Sbloccano
anche i personaggi che appaiono statici, in qualche modo mal interpretati.
Esempio: “ed ora che è avvenuta questa guarigione, desidero dire a Gesù ...”
- Sempre per “incalzare i personaggi”; per stimolar l’azione scenica, può
essere utile intervistarli colludendo con quella parte di loro che desiderate far
emergere. Se, per esempio, desiderate “incalzare”, provocare il levita del
brano del Buon samaritano stimolandolo ad esprimere le sue presunte “buone”
ragioni di studioso impegnato, che “deve andar di fretta”, il facilitatore potrebbe
sospingerlo ad esprimersi adeguatamente rivolgendosi a lui così: “Mi scusi, lei
che ha impegni importantissimi da assolvere ..., ha ritenuto opportuno non
fermarsi, davanti a questo malcapitato... poiché...?”. Certamente questo modo,
collusivo, di porre la domanda, aiuterà il personaggio a giustificare ed
evidenziare meglio il proprio comportamento ed atteggiamento, sotteso nel
brano evangelico.
- Inversione con un elemento simbolico. Esempio: nel brano delle nozze di
Cana, si può proporre di diventare, facendo inversione, il vino nuovo, simbolo
dello Spirito Santo. Chi lo interpreta potrà girare tra i personaggi con un velo
rosso che, a ritmo di una musica gioiosa, trasforma, sfiorandoli dolcemente, i
volti, le relazioni, le percezioni, gli atteggiamenti degli invitati. Potrebbe anche
dire loro qualcosa di sé, compresa l’esplicitazione del proprio “potere di essere
trasformatore”.
Tecnicamente, naturalmente, il facilitatore deve spiegare cosa sarà possibile
fare, qualora un partecipante scegliesse quel drappo, rappresentante un
oggetto simbolico.
- Offrire ai partecipanti di esprimersi, come specchi da fuori (si veda il
manuale, nella sequenza per la drammatizzazione) è un altro espediente per
arricchire l’azione scenica, di ulteriori punti di vista. Attenzione però a non
dilungarsi o in troppi interventi o legittimando riflessioni lunghe e celebrali.
Raffredderebbe la scena e farebbe calare l’attenzione del gruppo.
- Per far emergere un personaggio che fa fatica ad esprimersi o che potrebbe
evidenziare magari una svolta significativa del brano, il facilitatore può proporsi
direttamente, chiedendo il permesso al personaggio, a fare ad esso un doppio
o chiedendo ai partecipanti, fuori dalla scena, di farne uno.
- Se al facilitatore viene un’intuizione, nel corso dell’azione scenica, può anche
scegliere di introdurre un nuovo elemento o personaggio, che possa essere
di ulteriore stimolo o che possa rafforzare il messaggio.
- Infine, raccomandiamo, nel ruolo del facilitatore, di tenere un ritmo piuttosto
veloce, dinamico. Essere il primo ad “ascoltare” lo svolgimento dell’azione
scenica per vedere se fluisce, pronto a fornire uno stimolo per farla
“riprendere”!
- Altri consigli: lavorare tanto sulla spontaneità del facilitatore: fare molta
pratica. Partecipare più volte come partecipante a bibliodrammi. Fare comunque
esperienze esistenziali che ti rendano più spontaneo.
- Ingrediente principe: Lasciarsi condurre dallo Spirito Santo, ponendosi,
con fiducia e trasporto, con esso in sintonia.
Comments