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  • Immagine del redattoreA.I.B.

Camminare insieme verso la verità di se stessi in allegria e leggerezza

Giornate Annuali 2022


Si può svolgere il lavoro più importante della propria vita insieme ad altri, anche non conosciuti prima, divertendosi e con levità? Se l’impegno più serio che in questa nostra esistenza ci viene richiesto è acquisire una sempre maggiore consapevolezza di chi siamo e siamo chiamati ad essere, se la sfida più ardua che il nostro cammino terreno ci presenta è progredire verso una sempre maggiore completezza della nostra umanità, allora sì, questa grande avventura la si può vivere insieme ad altri, persone salutate l’anno precedente o forse incontrate per la prima volta e che, all’occasione, possono rivelarsi straordinari compagni e compagne di strada. Che nell’ambito di un gruppo – che con curiosità e interesse si lasci illuminare da appropriate strategie comunicative e, allo stesso tempo, con umiltà e fiducia si lasci guidare dallo Spirito – sia possibile compiere un tratto significativo del proprio unico e irripetibile percorso dell’esistenza lo hanno dimostrato, ancora una volta, le «giornate annuali» 2022 dell’Associazione Italiana Bibliodramma. Nell’eremo di Betania, nella sua inconfondibile atmosfera intrisa dell’animo evangelico di fratel Tommaso e della calda accoglienza sua, di Delfina, di Aziz, di Eliseo e dei pellegrini di passaggio che a loro volta li aiutano ad accogliere i nuovi ospiti, anche questa primavera è stato possibile fare un passo avanti verso la verità di se stessi. In un luogo aperto a tutti e in cui tutto invita alla relazione ma in cui ognuno può ritrovare la sua parte più intima e segreta, nella condivisione di squisiti pranzi e cene e di spazi colorati come nel silenzio rispettoso e denso di aromi della luminosa natura circostante, anche questa primavera è stato possibile – insieme ad altri ma ciascuno nella sua irriducibile singolarità – progredire nella propria crescita personale.

Ogni anno le giornate organizzate dal comitato direttivo e in particolare, ultimamente, da

Giovanna e Manuel (attuali presidente e vicepresidente di AIB), per i soci – e chiunque lo può diventare, se ama vivere l’incontro con la Parola di Dio attraverso i metodi attivi del bibliodramma – si rivelano, così, un’indimenticabile opportunità di scoprirsi e riscoprirsi «sorelle» e «fratelli» di chi sta percorrendo l’umano, arduo cammino: quello, per riprendere il linguaggio del primo capitolo della Genesi, che dall’«immagine», nella quale Dio ci ha «creati», porta, attraverso un «fare» comune a Dio e all’essere umano, alla «somiglianza» con il Creatore. Riporta infatti il testo biblico nelle sue prime pagine: «E Dio disse: “Facciamo l’essere umano nella nostra immagine, come nella nostra somiglianza…”», già rivolgendosi all’umanità che sta per creare e intende coinvolgere nel proprio progetto (come indica il ricorso all’inclusiva prima persona plurale piuttosto che all’autoritaria ed esclusiva prima persona singolare), «e Dio creò l’umano nella Sua immagine, nell’immagine di Dio lo creò, maschio e femmina creò loro» (Gen 1,26-27).

Le modalità del cammino verso la «divinoumanità», o «umanodivinità», che dall’inizio dei tempi, nelle più diverse culture e religioni e con i più differenti nomi gli umani – credenti e non credenti – hanno sperimentato, sono infinite e declinate in tante possibilità quanti sono coloro che le praticano. Ogni epoca ha cercato e trovato il linguaggio e le tecniche a lei più consone per accompagnare i suoi figli nell’ineludibile risposta all’appello che ciascuno, con intensità variabile nelle varie fasi della vita, sente risuonare dentro di sé. La filosofia greca, nella voce del padre Socrate, lo aveva espresso nell’invito gnothi seauton, «Conosci te stesso»; ancor prima il testo biblico, nella voce del Signore quando si rivolge per la prima volta ad Abramo, lo aveva formulato nell’esortazione lek leka, «Vai verso di te», «Incamminati verso di te» (e non «Vattene», com’è stato tradotto dalla maggior parte delle Bibbie sino a poco tempo fa, poiché il primo termine, lek, è l’imperativo del verbo «andare», e il secondo, leka, è composto dalla particella le, «verso», e da ka, suffisso di seconda persona singolare). Che di tutte le culture, occidentali e orientali, antiche e non, quella biblica abbia colto, con la maggiore efficacia ed incisività, la dinamica propria dell’esistenza umana, che giunge alla verità di se stessa attraverso un «cammino» – che soltanto in un secondo momento diventa «conoscenza» – ormai è ammesso da tutti gli studiosi contemporanei, tra i primi i non credenti (come infatti ironizzava il compianto filosofo Umberto Eco: «Dio ha tanta simpatia per gli atei, ma nel suo buon cuore sopporta anche i religiosi»).

Dalla sua prima all’ultima pagina la Bibbia ricorda il compito assegnato da Dio all’umano di fare, della propria vita, un percorso verso una sempre maggiore realizzazione di se stesso e, quindi, del progetto divino che reca inscritto in sé; fedele a tale mandato, il Bibliodramma, in particolare nell’elaborazione di AIB, sollecita sempre ogni suo partecipante, nelle più diverse attivazioni, a fare un ulteriore passo avanti nel proprio cammino. Un passo al quale in quella fase della sua esistenza è pronto, o quasi, ma della cui possibilità sarebbe forse inconsapevole o di fronte alla quale, addirittura, si tirerebbe prudentemente indietro se non gli venisse incontro la proposta di drammatizzazione di quella scena biblica, o la condivisione di quel vissuto personale, o il coinvolgimento in quella dinamica di gruppo da parte di un compagno, di una compagna. Sì: quello che per il singolo è arduo, che in solitudine può acquisire accenti anche drammatici, tanto da diventare insostenibile, insieme è invece possibile, quasi facile, addirittura divertente! Esprimersi, «drammatizzare», in gruppo… sdrammatizza. Per mantenere costantemente accesa la fiaccola della ricerca di sé,

nelle sue giornate annuali di aggiornamento l’Associazione Italiana Bibliodramma propone particolari e sempre nuovi incontri e seminari ai suoi iscritti, tra i quali si contano tanto semplici appassionati della metodologia quanto esperti facilitatori e formatori: tutti provenienti da aree geografiche, età ed esperienze personali così differenti da costituire un gruppo che sa donare l’effervescente e duratura ricchezza dello stare insieme tra diversi mentre, allo stesso tempo, preserva dalla falsa e pericolosa sicurezza della chiusura identitaria.

In linea con la tradizione consueta delle «giornate annuali», che da sempre cercano di coniugare in un’unica tematica attualità e universalità, quelle di quest’anno si sono sviluppate intorno alla proposta «Oltre il conflitto, dentro la fiaba della vita»: tre intensissimi giorni di laboratori esperienziali ed espressivi di diversa matrice ma accomunati dall’incentivo alla rilettura e alla reinterpretazione dei momenti cruciali della propria esistenza, che ognuno ha lasciato liberamente agire dentro di sé. Nell’impossibilità di restituire emozioni ed insight, di gruppo o personali, si può almeno accennare ad alcuni degli spunti più suggestivi che formatori interni all’associazione o professionisti invitati hanno donato al gruppo.

Le giornate si sono aperte con la proposta della presidente Giovanna che sabato mattina ci ha consegnato una poesia della magnifica Szymborska, «Un appunto» (Dalla raccolta Un attimo, del 2002). Abbiamo lasciato danzare le sue parole insieme alle nostre, echeggiare i suoi pensieri nei nostri pensieri, incontrare le sue immagini con le nostre; abbiamo scelto in ogni suo verso una suggestione che parlasse alla nostra anima, tanti versi altrettante suggestioni; le abbiamo scritte, e quando i fogli traboccavano di voci le abbiamo scomposte e ricomposte fino a farne sequenze inaspettate che hanno generato significati nuovi e nuovi versi. A ognuno è stata così rivelata la sua propria poesia, che poi è diventata un disegno, e poesie e disegni, vergati sulle ginocchia, sui tappeti e sugli angoli dei tavoli sono volate ad affiggersi alle pareti, creando una sinfonia di suoni e di colori eseguita dall’orchestra che eravamo diventati tutti noi. La musica non manca mai nei laboratori AIB, ne è anzi il costante sottofondo e l’adeguata cornice, che accompagna e scandisce con puntualità e discrezione le diverse fasi dei seminari e degli incontri.

Occasione di ripensamento della modalità di gestire i rapporti con se stessi e con gli altri in vista di una loro proficua e fruttuosa ridefinizione è stato il laboratorio del pomeriggio diretto da Davide Facheris, formatore di CNV, Comunicazione Non Violenta, dedicato ad una problematica tanto perenne quanto, in questi nostri tempi, pressante: «So-stare nel conflitto». Sapere che la psiche è per sua natura conflittuale, come la psicoanalisi ha definitivamente dimostrato spazzando via illusori e improduttivi irenismi, non ci è di alcun aiuto quando, con cadenza più o meno ravvicinata, ci troviamo imprigionati negli stessi, fallimentari comportamenti che, consapevolmente o meno, continuiamo a reiterare. Ma cambiare si può, se ci si pone in ascolto empatico di se stessi e dell’altro a partire dai «bisogni e valori fondamentali» che pulsano in ogni essere umano e dei quali Davide ci ha fornito un congruo elenco. Attraverso esercizi di ascolto di sé si scopre, così, quali segnali ci manda il nostro corpo quando tali bisogni e valori sono insoddisfatti; attraverso esercizi in coppia, o in gruppo, si scoprono i passi da compiere per approdare ad una vera comunicazione con l’altro, foriera di relazioni armoniche e reciprocamente arricchenti. Basta desiderare connettersi alla vita, ed ecco che i principi che favoriscono la bellezza del condividerla nella pace e nell’amore diventano le coordinate di una sorta di «mappa del tesoro», di gratificante efficacia: osservare invece di interpretare; riconoscere le sensazioni fisiche ed emotive dell’altro invece di giudicare; identificare i suoi bisogni e valori invece di anteporre strategie; invitare alla connessione e all’azione invece di imporre o colpevolizzare. Autentica espressione dell’interlocutore empatico che riesce ad accantonare il proprio Io per fare spazio all’altro, sintonizzandosi con pazienza e rispetto al suo vissuto, Davide ci ha fatto capire che dove urge un bisogno o un valore universale non c’è un vuoto da riempire egoisticamente ma un’energia da far fluire generosamente: in quel momento è la vita che attraverso di noi sta manifestando una mancanza, alla quale possiamo rispondere offrendo, di noi stessi, quanto siamo felici di donare.


Indurci a verificare nella nostra esperienza personale che fiabe e miti sono impareggiabili strumenti di conoscenza di sé è stato invece, domenica mattina, il dono al gruppo di Claudio Tomaello, narratore teatrale e cartografo dell’anima, libero cercatore e fantastico affabulatore. Con i tempi comici dell’attore consumato, ma anche del lettore al quale la Bibbia aspira, Claudio ci ha catapultati nel cuore di uno dei gioielli di ironia e pietas verso l’umana fragilità della letteratura non solo biblica: la storia di Giona, il profeta al quale il Signore ordina di partire per convertire Ninive. Com’è noto, egli invece si imbarca subito per Tarsis, nella direzione opposta, per poi essere inghiottito durante una tempesta da un grosso pesce che, dopo tre giorni e tre notti, lo vomita a riva da dove, questa volta, il malconcio profeta – che intanto ha conquistato tutta la nostra simpatia – si incammina verso Ninive. Intrecciando sapientemente spunti da altri miti e da esperienze proprie con le parole ebraiche del testo biblico e con le lettere che le compongono, Claudio ci ha mostrato che, a partire da quell’ordine di Dio con la quale ha inizio, qum, lek, «Alzati, va!» (Gn 1,2), la storia di Giona – come i sogni personali e i grandi racconti consegnatici dalle tradizioni delle diverse culture – è una sollecitazione ad «alzarci» e ad «andare» per quella strada avventurosa e punteggiata da prove, morti e rinascite che è la vita. Una sollecitazione, quella a mettersi in cammino, che ci invia la nostra più profonda vocazione ed alla quale, come la prima volta Giona e come in tanti abbiamo rivissuto nella fase esperienziale del laboratorio, talvolta rispondiamo avviandoci nella direzione esattamente opposta. La constatazione, che svolta in solitudine avrebbe potuto provocare sterile amarezza, condivisa con il gruppo ha invece liberato – anche con il sollievo di una punta di ilarità – tutto il suo potere di incentivare la consapevolezza e la decisione per incamminarsi, finalmente, verso la Ninive che fiduciosa ci attende.

A mantenere vigile l’attenzione sul cammino che ciascuno sta attualmente percorrendo è stato il bibliodramma proposto nel pomeriggio dai neofacilitatori Massimo e Chiara, che ci hanno riportati al disastroso ingresso nell’esistenza della prima coppia umana, quando una sprovveduta Eva cede alle lusinghe del serpente trascinando nella trasgressione un non meno ingenuo Adamo; prima divisi dagli aspri rimproveri di lui e poi riaccomunati da un avvilente senso di colpa, i due – e con loro tutto il gruppo – si sono infine abbandonati all’abbraccio misericordioso del Signore la cui eterna domanda, «Dove sei?», rivolta ad ogni partecipante, è stata già un’indicazione di riorientamento (cfr. Gen 3,1ss.).

Armonicamente scandite – grazie all’attenta organizzazione del vicepresidente Manuel – da pause e vivande prelibate condivise in allegria, e punteggiate da altri brevi laboratori, sono così trascorse le prime due giornate, inaugurate al mattino dalle lodi con gli abitanti dell’eremo di Betania e concluse alla sera da giochi di gruppo. Sì, giochi: proprio come ai tempi delle prime gite scolastiche: la voglia di tornare a ridere come i bambini e gli adolescenti non manca mai – insieme alla musica – negli incontri dell’Associazione.


L’incoraggiamento a sintonizzarsi con l’attuale fase della vita per aggiornarne o, eventualmente, riorientarne la direzione – filo conduttore di tutti gli incontri – ha avuto la sua felice conclusione nell’intervento, lunedì mattina, della storica socia di AIB Maria Rosa Matteazzi, psicologa, psicopedagista ed educatrice dell’infanzia. Con la sua inconfondibile intelligenza del cuore Maria Rosa ci ha introdotti agli straordinari poteri della visualizzazione. La nostra mente, infatti, è continuamente attraversata da immagini e pensieri dei quali siamo spesso in balìa ma che possiamo, invece, dominare se passiamo dalla consueta e vivace frequenza delle onde beta a quella, più lucida e quieta, liberante e creativa, delle onde alfa. Poiché la mente non distingue la realtà esterna da quella interna, ad occhi chiusi e in onde alfa grazie alla visualizzazione possiamo usare, consapevolmente e a nostro vantaggio, il potere creativo e trasformativo delle immagini. Con un luminoso esercizio abbiamo così visualizzato alcuni archetipi presenti in natura per consolidare, in noi, i valori di cui sono portatori e dei quali ora ci percepiamo eventualmente carenti: la solidità della montagna, la maturazione del fiore, la tranquillità del lago, la libertà del cielo. Una pratica che, interagendo con la personale configurazione dell’archetipo, promette di farci avanzare verso una sempre maggiore completezza del nostro essere e chiarezza sul nostro cammino. Un insegnamento ulteriore che abbiamo acquisito come un gioiello prezioso.

Al termine di queste «giornate annuali» siamo così tornati alle nostre case liberi e creativi come poeti, empatici come veri comunicatori, stanchi ma felici come nelle fiabe o riorientati verso il giusto cammino come nelle storie bibliche, finalmente capaci di visualizzare l’immagine che ci fa progredire. E con molto, molto di più.#EMANUELAZURLI

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